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Navigare col mare formato – intervista a Marco Volpi

Il mare formato può dare del filo da torcere anche ai più esperti. Tu che esci in barca per pesca o per diporto sai bene quanto, in certi casi, sia difficile navigare in condizioni meteo avverse.

Noi di Tuccoli volevamo offrirti consigli utili in proposito, così li abbiamo chiesti a vero un esperto: il nostro Marco Volpi, 33 volte campione di pesca, nonché lupo di mare doc. 

Marco, perché il mare formato è pericoloso?

Iniziamo col dire che la forza del mare non è sempre la stessa e ci presenta situazioni molto variabili. Il concetto di “mare formato”, in realtà, è generico, perché molto dipende dalle dimensioni dell’imbarcazione con cui navighiamo.

Un’onda di un metro e mezzo con una barca di cinque metri può esser grossa, con una barca di nove metri può essere… non dico normale, ma comunque affrontabile. Diciamo che un’onda è pericolosa in base alla barca su cui siamo, cioè a quanto è grande e a come è stata costruita.

Quando si parla di fisherman, per esempio, si indica una categoria di imbarcazioni nate per la pesca sportiva, quindi con caratteristiche particolari che sono indicate per il mare mosso, perché il pescatore esce anche con condizioni meteo avverse. Al contrario del diportista, che davanti al vento forte o alle onde formate preferisce giustamente rimanere in porto.

Questo è il punto saliente: ogni barca regge il mare in maniera diversa. Una barca di 25 metri naviga tranquillamente con due metri d’onda, mentre è meglio che una barca piccola non viaggi proprio con quelle condizioni.

Poi, il mare formato si divide in diverse categorie.

Quali sono queste categorie? E cosa bisogna fare per gestirle? 

Dunque, c’è il mare mosso “lungo” o “morto”, ovvero quando si trovano onde alte, che possono arrivare anche a due o tre metri, però appunto sono lunghe, senza vento in zona che le alzi ulteriormente o le renda ripide e confusionarie. Nascono lontano, sono generate da una perturbazione localizzata a diverse miglia di distanza. Quella è una condizione che, a seconda della direzione che sosteniamo, può permetterci di navigare bene o discretamente. Se prendiamo di prua un mare lungo, allora dobbiamo aggiustare a modino il motore e i flap, per non avere il “delfinamento” (l’effetto su e giù tipo delfino che nuota in superficie per respirare) quando montiamo su l’onda di prua.

Quindi, importanti sono tutti gli accessori della barca: flap o, in alternativa, intruder e trim, innanzitutto, che sono i più diffusi; poi, se andiamo all’eccesso, ci sono ulteriori sistemi, come il jack plate, che regola l’altezza del fuoribordo verticalmente – una cosa che in Italia per esempio va pochissimo. 

A ogni modo, ragioniamo un attimo sullo standard, ovvero su flap, intruder e trim. (N.d.A.: I primi sono come delle “pinne” montate sullo specchio di poppa che, immerse nell’acqua, servono a gestire il bilanciamento e l’assetto dello scafo; i secondi sono lame metalliche che assolvono alla stessa funzione di correzione dell’assetto dei flap, ma rispetto a loro sono più veloci e reattivi e offrono meno resistenza all’avanzamento e per questo sono sempre più diffusi; il terzo è un pistone idraulico che consente di modificare la posizione del motore e così modificare l’attrito dello scafo con l’acqua.)

Troviamo questi sistemi su molte barche, ormai quasi su tutte. Molte persone non li utilizzano correttamente, perché li confondono: generalmente, infatti, sono montati in maniera tale che, sulla consolle, il pulsante destro comanda il correttore d’assetto montato a sinistra e, viceversa, il pulsante sinistro comanda ciò che è montato sul lato destro. Perciò io li ho sempre montati invertiti – e vi consiglio di fare lo stesso, così non potete sbagliare.

Detto ciò, flap o intruder e trim sono i due assetti principali per navigare bene e ottenere il massimo dalla barca. Il trim serve a innalzare o abbassare il motore: più abbasso il motore, più abbasso la prua, più alzo il motore, più la prua mi viene in su. Stesso discorso vale per i flap, soprattutto i flap intruder. Io, personalmente, preferisco i flap a pala, perché hanno più superficie e si regolano meglio; però uso anche i flap intruder. In modalità riposo, i flap sono allineati alla carena. Quando premiamo il pulsante per abbassare entrambi i flap o uno solo, a seconda del mare se, pe esempio vogliamo sostenere solo un lato dello scafo, N.d.A), la prua della barca inizia a scendere – vuol dire che si immerge tutta la carena della barca, o meglio l’opera viva, dove la carena è a contatto col mare.

Queste valutazioni vanno elaborate al momento in base al tipo di vento, al tipo di mare. Perciò è fondamentale fare tanta pratica, così da affinare la conoscenza del proprio mezzo e la competenza necessaria a regolare trim e flap o intruder al meglio a seconda della situazione. 

Poi esiste un altro tipo di mare con onde: quello formato “da vento”, che a sua volta si divide in due categorie. La prima è quella creata dai venti che generano onde grosse, ma abbastanza distanziate l’una dall’altra; nel Mar Tirreno possono essere, per esempio, lo Scirocco e il Libeccio – cioè venti che magari anche sostenuti, ma che comunque ci permettono di navigare. Sono mari mossi che probabilmente “arricciano”, come si dice in gergo, cioè fanno le creste di schiuma sull’apice dell’onda; ma ci fanno navigare anche bene, se teniamo la direzione giusta. Per esempio: un’onda di Scirocco alta un metro e mezzo, la possiamo prendere al mascone (N.d.C.: la parte di scafo, destra o sinistra, compresa tra traverso e prua) o al giardinetto (N.d.C.: l’angolo della poppa con la murata); in questo modo, un fisherman naviga anche a 20 nodi. Cosa che magari non succede se la stessa onda la prendiamo di prua: allora si viaggerà magari a una velocità inferiore. 

L’altra categoria di mare formato da vento è quella che presenta onde corte e poco distanziate. Nel Mar Tirreno centrale, questa situazione si verifica in prevalenza con due venti: il Nordest, che è il Grecale, e Nordovest, che è il Maestrale. 

Insomma, ogni mare ha la sua direzione per essere preso nel modo migliore. Chiaramente, a volte dobbiamo tenere una traiettoria che non è quella ottimale per la navigazione; in certi casi, conviene tagliare il mare e allungare il percorso, così da evitare condizioni proibitive. Meglio fare poche miglia in più, che trovarsi ad affrontare una navigazione fastidiosa. 

Tuccoli-T250-mare_mosso

Invece, come si gestisce il mare di poppa?

Il mare di poppa è il più difficile. Navigare con le onde da poppa è sempre più rischioso, per via di quelli che in gergo si chiamano “ingavonamenti”. Perché il mare di poppa spinge in avanti e quindi tende a farci infilare la prua dentro l’onda. Ci sono barche, come le Tuccoli, che hanno dei masconi di prua belli grossi, quindi l’ingavonamento è pressoché nullo.

Se invece ci troviamo su una barca con la prua stretta, disegnata “a lama di coltello”, l’ingavonamento è all’ordine del giorno, e magari con il mare formato capita di “ingavonare” diverse volte. 

Che vuol dire “ingavonare”?

Vuol dire che la barca viene alzata di poppa dall’onda dietro e quindi viene spinta con la prua verso l’onda successiva. Quindi, entrando nell’onda con la prua e immergendola a fondo nell’acqua, la barca perde il controllo e va di colpo a destra o a sinistra; a volte, su barche che non sono strutturate per navigare con mare di poppa, si fanno anche dei “traversoni” – cioè, la barca svirgola di molto, andando tutta a destra o tutta a sinistra come se scivolasse di lato.

Con le Tuccoli non succede: qualsiasi Tuccoli, avendo masconi imponenti, dispone di una superficie bella grande per opporsi all’onda. Quindi, su una Tuccoli gli ingavonamenti non li avremo mai.

Poi c’è da dire che la barca non è come l’automobile, che si governa bene con qualsiasi cilindrata. Con le barche conviene sempre installare la motorizzazione massima: se il mezzo tiene un massimo di 100 cavalli, vanno montati 100 cavalli. In questo modo avrà la potenza necessaria per venir fuori dall’onda subito, magari andando un po’ in planata, senza rischiare così di piantarsi sulle onde. Le barche sotto-motorizzate, invece, si piantano. Finisce quinbdi che invece di domarlo sei  in balia del mare. 

In che altro modo ci si prepara ad affrontare il mare formato?

Il mare va sempre rispettato, ma anche studiato. Per esempio, controllando sempre le previsioni meteo, che oggi sono più affidabili che in passato. Il mio sito di riferimento è Windfinder, che è molto, molto preciso. Ma guardo anche tutti gli altri. Sono uno che controlla il meteo ogni giorno, anche se non va in mare. Per avere dei parametri migliori, non puoi guardarlo solo quando vai a pesca; lo devi fare quotidianamente. Ormai ci sono previsioni molto veritiere sull’arco di 72 ore, quindi, un buon sito meteo è fondamentale per programmare buone uscite di pesca. Facilita tantissimo. Una volta non c’erano fonti così attendibili: per dire, io guardavano il meteo su Rai Tre, dove si parlava di Mar Ligure, ovvero dall’Elba fino a Ventimiglia…300 e passa chilometri di costa! Con quelle previsioni lì ogni uscita era una roulette russa, perché a volte c’è una differenza di meteo abissale in 20 chilometri. 

Poi, c’è da dire che conta anche molto dove teniamo la barca. Io sto a Livorno, che è una località particolare, dove Libeccio e Nordest soffiano più forti che in altre zone. Nella parte tirrenica, il Nordest, che sarebbe il Grecale, è uno dei venti più fastidiosi e pericolosi per la navigazione; soffia da terra verso il mare aperto, quasi sempre nei periodi autunnali e invernali. Nel sottocosta può raggiungere anche i 35 nodi, ma si riesce a gestire perché non fa onda. Però, quando ci allontaniamo, anche solo di cinque miglia, con 30 nodi troviamo già un metro e mezzo d’onda. Poi il Nordest soffia fortissimo, a raffiche, quindi crea un’onda molto corta che arriccia, che è la peggiore per navigare. Quando rientri verso terra, lo prendi tutto di prua, mare pesante. Onde forti, cortissime, una dietro l’altra. Lì ci vuole una barca che navighi veramente. 

Quindi, col mare formato la barca giusta fa la differenza?

È basilare. Per affrontare il mare formato bisogna avere un mezzo ben costruito, con i materiali giusti nei punti giusti. Lo stesso mare può essere affrontato con due mezzi di pari lunghezza in maniera diversa. Dipende tutto dalla costruzione, cioè dai materiali ma anche dall’esperienza messa nella realizzazione.

Prendiamo per esempio il T250VM, la barca che ho concepito con Tuccoli. Sono quasi quattro anni che ce l’ho e ha visto mari veramente importanti, perché mi capita spesso di uscire con condizioni meteo avverse. La passione per la pesca ti porta osare, ma anche la barca ti porta a osare. Quattro anni col VM e neanche un cigolio, una piccola vibrazione. Ogni volta è come se l’avessi varata il giorno prima. Quindi la scelta della barca è fondamentale.

navigare con mare mosso

Ci sono pescatori che escono con certe “roulotte”, che se prendono un po’ del mare che normalmente prende un pescatore si sfondano. Per i diportisti è diverso, ma un pescatore spesso ha poco tempo a disposizione, deve andare più lontano dalla costa, quindi può capitare che si trovi in situazioni pericolose o proibitive. Non è detto che si esca sempre con condizioni avverse, ma è anche vero che il mare può cambiare durante la giornata, facendoci trovare in situazioni non volute. Perché la perturbazione arriva in anticipo, o perché non hai guardato le previsioni fino all’ultimo, o perché sono le previsioni ad aver toppato. Così, può succedere che ti aspettavi 15 nodi di vento e te ne ritrovi più di 20, quando ormai sei a 30 miglia dalla costa. Con un mezzo sicuro come un fisherman Tuccoli stai tranquillo che rientri in sicurezza.

In mare, la sicurezza è sempre fondamentale. 

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